Opera 1^ classificata
Cristiano Comelli
Scogli di fuoco
Scogli di fuoco
si compiacciono di punzecchiarmi
uno sguardo che più non governo.
Unghie di mare
graffiano la mia sagoma incerta di pescatore
ormai schiavo delle sue stesse reti.
Invano certo di strappare
alle braccia color ruggine dell’orizzonte
il ricordo profumato di mandorle e miele
della prima barca che mi fu sposa
dei primi pesci che ebbi in dono
dall’azzurro
sfuggente e incomprimibile dell’acqua.
Nulla più mi resta da stringere
dell’immagine di una vetusta, stanca sigaretta
che divisi con mille labbra
sconosciute eppure amiche
tra i flutti nervosi dell’esistere
e la maledizione di dover galleggiare.
Opera 2^ classificata
Mauro Domenella
Tralci
Ho addosso il fiato del tempo,
l’ispidezza della corteccia
sulle ferite della pelle,
il graspo stremato
nella rozzezza delle carni
prima o poi l’essenza si dimena,
travalica oltre la fenditura del silenzio;
gli occhi, celati nelle viscere della terra,
diventano squarci sul mistero
spalancati al respiro dell’assoluto
non starò alla giostra delle stagioni,
al rancore del vento nei dirupi
o tra navate di silenzi dei cipressi,
riverbero di un lume supremo,
carne schiodata dal legno
dal sigillo mai violato dei re
sarò entità, spolverio di nebbia
o angelo che gioca in anelli d’acqua
dove non rinserra il cappio del tempo
ora solo una ruga s’incanta
davanti la pietà dei figli,
ma del fuoco che mi riarse
rimane brace spossata,
e già con un nuovo tralcio
Dio si occulta
nel ventre di un’altra madre.
Opera 3^ classificata
Roberto Silleresi
Di leggende sazio
Ho costeggiato arbusti di camelie
nate dalla semina di ciglia penitenti,
udito le rapsodie d’api benedette
che fabbricano cera per candele d’altari.
Mi sono saziato di simili leggende
così aliene dagli spigoli del presente
che ha incallito le mie dita, delegando
al vento la bulimia di sfogliare i sogni.
Pencolo sulla mezzeria della vita,
orme nel fango, altre nella sabbia turchina
del cielo, in una pantomima dove reggo
a malapena lo sguardo d’una marionetta.
Contraffatto in Cassandra, se potessi
mutare in zucchero la distruttiva fibra
delle guerre predette, avrei sette abissi
d’acqua dolce dove mondare i miei peccati.
Opera 4^ classificata
Antonio Di Carlo
Questa vergogna
Ho ancora bisogno di un riscatto
da questa vita che eclissa i miei sentimenti:
tra brevi colori tradisce un sogno,
tra incerte dita ripone le attese.
Chiedo al tempo di rallentare il suo passo,
supplico il buio di consolarmi,
mentre affilo le lame nel mio cuore
e muoio, come da sempre,
nella mia intollerante insoddisfazione.
Guarisci questa memoria,
regala un sorriso ai miei occhi malati:
perdonami ancora per la mia viltà
di non essere mai stato pronto ad accoglierti.
Opera 5^ classificata
Antonio De Rosa
Notte
Aspetto il buio consolante della notte
per abbandonarmi al sommesso pianto
che per i tuoi freddi occhi, alte vette,
non è che un sottile e lusinghiero vanto.
E in questo vuoto petto le ore sono dette
insidie che a te levano il loro triste canto,
e in questo pesante petto le angosce sono strette
come catene ad imprigionare ogni incanto.
Lontano da lei andate occhi miei spenti
a nutrire sogni fiduciosi come albe,
lontano dall’amore come il bambino dal fuoco.
Di nuovo in quelle sere schiave di lamenti
da sembrare nuove ed antiche tombe,
di nuovo indietro in quest’inferno, vecchio nemico.
Opera 6^ classificata
Vanessa Cimiero
S’avvicina
S’avvicina
Lento, lieve
Il passo del giorno
Verso un inquieto viaggio
Senza dimora né giaciglio
S’incammina
nel divenire regolare e spoglio
Senza sapore né soglia
Non salta e non s’appaga
Come il giaciglio del poeta
Che rimboccato di parole
S’addormenta nella tormenta
di un viaggio che si desta alla fine del giorno
Uno squarcio di notte sulle spalle
Senza riposo che si leva
Verso il lento lieve passaggio del vento
Attorno ad una rosa dei venti
Che s’inabissa
al primo imbarcarsi della notte
Letto di santi assassini
Attorno ad una stessa follia.
Opera 7^ classificata
Floredana De Felicibus
Con l’incanto del tuo sorriso
E adesso anche Tu mi parli
con l’ipocrisia dei tuoi albori
e rovesci sulla tavolozza sbiadita del mio cuore
tutti i colori della tua passione,
li mesci coi toni opachi
di una primavera ostile
tra linee spente di un orizzonte,
ma senza increspature d’onde!
E diluisci il tuo vigore
sulle mie ali tinte di pallore,
mentre io intanto volo
nel silenzio della bruma
dove l’inerzia di un pennello
non fa esplodere
la policromia di un fiore.
E non so se appoggiare
il mio diniego di energia
ad un arcobaleno di illusioni
e non so se tingermi di lacrime vermiglie
e restare con l’inganno,
col baluginio di un istante.
E intanto avvolgi i miei rami nudi
con trame d’ocra di calore
e ne cingi i fianchi
con olezzi di ciliegi in fiore,
ma fredde son le tue parole,
scarne dell’intenso cielo
le mie pupille azzurro mare.
E mentre t’arrendi al buio del silenzio
all’orizzonte un’esitazione…
ti ostini tra toni tenui e intensi
tra cirri in trasparenza
a rovesciare su di me una lusinga, un ultimo bagliore…
Tenace tu, persuasa io, ti guardo
e ridipingo la mia mente con l’incanto del Tuo sorriso!
C’è qualcosa di divino in un tramonto, una sorte di incantamento che ha la forza di placare, seppure per un istante, il tormento di un animo inquieto.
Opera 8^ classificata
Carla Noro
Spero nell’amore
Le cose che non si possono cambiare
pungono come schegge sotto la pelle
sono tenaglie strette al cuore
la mente annaspa, aggira parole
il cielo muto si copre il volto
il vento distratto accarezza altri lidi
ma da qualche parte, nell’anima
– miracolo a me stessa –
spero nell’amore.
Opera 9^ classificata
Chris Mao
Luce d’avorio
Gli occhi gaudenti
di una sconosciuta misericordia
sono la manna che tarda a venire
sulle pietre del porto;
le vedette ormai schiave
delle lusinghe del sonno
ignorano la forza
di questo silenzioso avvento.
Nel fuoco dell’accoglienza
sono le parole ardenti degli scampati
ad innescare l’inchino del samaritano;
dinanzi alla giungla delle gomene
restano i palpiti innaturali
delle anime perseguitate
da un misterioso Caronte,
invisibile,
in questa luce d’avorio.
Sarà dunque il vigore del giorno
a sollevare le vostre membra straziate?
Chi fra noi conoscerà la grazia
dei vostri nomi?
Nella bolla celeste della prima alba
sapremo chiamarci fratelli.
Opera 10^ classificata
Carlo Caruso
La poesia nell’Inferno
Non puoi essere tanto delicato
se vuoi incidere poesie
sugli inafferrabili spazi d’assenza
di anime fuggitive e distratte,
sulle pietre dolorose
scagliate contro di te
da ignari assassini,
servitori di idolatrate abitudini,
paraventi di morale.
Chi canterà i Sogni
sbocciati nei Cieli della Realizzazione
se non l’abile saltimbanco-guerriero
che danza tra fauci aguzze di veleno,
sospeso
sulla Bocca Iridescente della Morte,
sopra al sospiro di un filo azzurro.
In quest’Inferno senza tregua,
tra questi dolorosi cuori infetti,
sconfitti di odio,
vola la tua agile felicità
che si nutre di pericolo e ride
di tutte le trappole assassine
e sempre canta
la sua ultima poesia
goccia di tramonto in fuga
verso il Mattino.